1. GENERALE:
La Pala dell’Adorazione dei Magi di Alessandro Turchi detto l’Orbetto, è uno di quei dipinti che sanno interpretare al meglio, in modo straordinario, un testo biblico. In questo caso si tratta della celebre pagina del Vangelo di Matteo del capitolo 2, versetti 1-12, dove si narra il viaggio dei Magi. Il racconto è articolato in diversi atti, (come per esempio anche la storia dei discepoli di Emmaus – cfr. Luca 24) per cui per l’artista si pone il non facile problema o di scegliere un solo aspetto, oppure di cercare di condensare il tutto in un’unica scena sintetica. L’Orbetto, da pittore valente quale era, è stato capace di fare questa seconda scelta in modo magistrale, riassumendo nella sua opera i passaggi più significativi di questo testo, che la liturgia proclama nella festa dell’Epifania. Prima di contemplarne i singoli dettagli con sguardo attento, questo dipinto, già da un primo impatto, ci fa cogliere nel suo insieme le principali caratteristiche dell’arte dell’Orbetto: ritroviamo dunque la sua tipica impostazione monumentale (accentuata dallo scorcio dal basso), l’ottimo disegno (anatomie e panneggi), la vivacità del colore, la genialità della composizione (un gruppo affollato sulla destra e la sola Sacra Famiglia a sinistra), le sue invenzioni (inserimento del cavallo), la nobiltà delle pose e dei volti dei suoi personaggi (Maria, i Magi…). Ricordiamo che l’Orbetto era cresciuto nella rinomata bottega di Felice Brusasorzi, e che, nel 1614, all’età di circa 35 anni, da Verona passò a Roma, dove lavorò nella decorazione della sala Regia del Quirinale. Qui il nostro artista conobbe successo e fama, soprattutto negli ambienti colti che apprezzavano il suo naturalismo ed il suo equilibrato classicismo. Dopo una vita ed una carriera che non conobbe mai crisi nella produzione artistica (richiesta anche in Francia cfr. Risurrezione per la Cattedrale di Bordeaux), sia per la qualità che per la quantità, l’Orbetto morì a Roma nel 1649. L’Adorazione dei Magi, dipinta e spedita da Roma, fu commissionata per una cappella dei marchesi Gherardini, e testimonia il favore di cui il pittore continuò sempre a godere anche nella sua città natale.